Rubrica a cura della 

Dott.ssa Silvana Cum

Dietista

Centro Diabetologico Trieste (ASUGI)

CIPOLLE

Croccante da cruda, morbida da cotta, aromatica e saporita, la cipolla è uno dei prodotti base della cucina italiana.

Ortaggio appartenente alla famiglia delle Liliaceae, è ormai reperibile tutto l’anno. La parte commestibile della cipolla è rappresentata dal bulbo, che deriva dall’ispessimento di più foglie, le quali formano tuniche concentriche, carnose e succulenti, di odore acre e sapore pungente, a loro volta racchiuse in guaine aventi funzione protettiva. Le diverse varietà di cipolla si distinguono per la forma del bulbo, per il sapore e per il colore delle membrane che lo avvolgono. Possono essere bianche, gialle o rosse.  

Ortaggio poliedrico dall’effetto lacrimogeno, per anni ha sfamato intere famiglie di contadini.

Dal punto di vista nutrizionale, le cipolle contengono pochissime calorie (28 kcal/100 g), quantità trascurabili di proteine (1 g/100g) e lipidi (0.1 g/100g), modeste quantità di carboidrati (5.7g/100g), sottoforma di zuccheri semplici, e 1.1 g di fibra, in particolare inulina. La dolcezza delle cipolle si percepisce, in particolare, dopo la loro cottura, quando tendono a carammelizzare e a diventare più amabili. 

Le virtù salutistiche delle cipolle son da attribuire, prevalentemente, al loro contenuto in flavonoidi, per lo più rappresentati da antocianine e flavonoli, e in composti solforati. I flavonoidi, in particolare, sono un insieme di pigmenti vegetali che sembrano essere in grado di rinforzare le difese immunitarie del nostro organismo, oltre che prevenire patologie cardiovascolari, infiammatorie e neoplastiche.

Ma perché le cipolle ci fanno piangere?

La colpa è da attribuire ad un enzima, l’allinasi, che, in condizioni normali, si trova compartimentato in strutture cellulari chiamate vacuoli, ma che, quando l’ortaggio viene tagliato, agisce trasformando i composti solforati in esso contenuti nelle sostanze volatili responsabili della lacrimazione e dell’alitosi. In altre parole, la liberazione di propantial-S-ossido non è null’altro che un meccanismo di difesa della pianta. Tale sostanza volatile raggiunge la superficie dei nostri occhi e, reagendo con il film lacrimale, genera acido solforico, che, a sua volta, induce le ghiandole lacrimali a produrre secrezioni liquide per “eliminare” l’acidità e “risciacquare” gli occhi.

Bagnare il coltello o sciacquare le cipolle sotto l’acqua corrente sono azioni che possono ovviare al problema, dal momento che tali composti sono idrosolubili.

Provatele nella famosa zuppa francese: un piatto unico dai sapori antichi, ricco e sostanzioso, una vera coccola per salutare l’inverno e lasciare spazio alla primavera.

SUGGERIMENTO SMART. Va da sé che il miglior modo per consumare le cipolle è a crudo, aggiunte ad un’insalata di pomodori, di pesce o di legumi. Ma qualora il soffritto fosse d’obbligo, il consiglio è di aggiungere dell’acqua all’olio per far sì che le temperature non salgano al di sopra dei 100 gradi, riducendo la degradazione dei composti salutari.

BANANA

Le persone con diabete possono mangiare le banane?

Certamente sì.
È erroneo pensare che chi soffre di diabete non possa mangiare fichi, cachi, banane e uva, frutti convenzionalmente etichettati come “ad elevato contenuto di fruttosio”. Come sempre, tutto dipende da qual è il nostro obiettivo. Se l’obiettivo è creare pasti a contenuto costante di carboidrati, nel momento in cui consumiamo la banana, sarà sufficiente ridurne la porzione. 250 g di mela, infatti, contengono esattamente gli stessi zuccheri semplici di 150 g di banana. Più precisamente, 100 g di banana contengono 69 kcal, 15.4 g carboidrati (di cui 12.8 g di zuccheri semplici), 1.2 g di proteine, 0.3 g di lipidi e 1.8 g di fibra alimentare. Contrariamente alla maggior parte della frutta, la banana, bacca della pianta del banano, pianta originaria dei Paesi con clima tropicale e, in particolare, del Sud est asiatico, contiene piccole quantità di amido. La quantità e la tipologia di amido contenuto dipendono, fondamentalmente, dallo stato di maturazione del frutto.

Maggiore è il grado di maturazione, maggiore sarà l’indice glicemico (I.G.) dell’alimento. L’indice glicemico è un numero che indica la velocità con cui un alimento contenente carboidrati innalza la glicemia. Un alimento a minor indice glicemico ha un impatto minore sulla glicemia rispetto ad un alimento a maggior indice glicemico. Alla luce di ciò, è facile comprendere che la frutta più acerba e poco matura alzerà la glicemia meno, in proporzione, rispetto a quella eccessivamente matura. Il fenomeno è particolarmente vero per la banana. Una banana acerba ha un I.G. di 40, mentre, al termine della sua maturazione, l’indice glicemico è pari a 65, per via della trasformazione dell’amido che, via via che il frutto matura, diventa sempre meno resistente. La quantità di carboidrati della banana “verde”, quindi, saranno gli stessi della banana “matura”, ma quest’ultima sarà caratterizzata da una maggior quantità di fruttosio e glucosio; quindi, indurrà un rialzo della glicemia maggiore.  

Per quanto riguarda il contenuto in micronutrienti, la banana è notoriamente ricca di potassio.

L’aspetto interessante non è tanto il quantitativo di per sé del minerale quanto il rapporto con il sodio. Il fatto che la banana sia povera di sodio e ricca di potassiocontribuisce a riequilibrare il bilancio tra i due minerali. Mantenere l’equilibrio sodio-potassio è un fattore fondamentale nella prevenzione di ipertensione e aterosclerosi, entrambi fattori di rischio per patologie cardiovascolari.

Ringraziamo “Il Pais” e in particolar modo a Alessia, Marta, Simone e Zani Piasenzotto

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