Rubrica a cura della 

Dott.ssa Silvana Cum

Dietista

Centro Diabetologico Trieste (ASUGI)

CAROTE

La carota è una pianta erbacea, biennale, appartenente alla famiglia delle Apiaceae. Produce la radice il primo anno, fiori e semi il secondo. La pianta può crescere fino a un metro, con fogliame a ombrella e fiori bianchi. Quella che noi consumiamo è la radice (o fittone).
Diversamente da quanto si può pensare, in origine, le carote non erano di colore arancione. Il tipico colore è stato “deciso” a tavolino dai contadini olandesi in omaggio a Guglielmo d’Orange, il capostipite della dinastia regnante che nel 1568 diede il via alla storica rivolta dei Paese Bassi contro il dominio spagnolo, ed è frutto di un incrocio di sementi. Le varietà originarie, provenienti dall’Afghanistan, erano per lo più di colore porpora-viola, ma ne esistevano anche di gialle, rosse o nere.
Oggi, le carote sono reperibili sul mercato tutto l’anno.
Ortaggio dolce e croccante, può essere consumato crudo o cotto, da solo o in accompagnamento ad altre verdure.
Dal punto di vista nutrizionale, le carote contengono pochissime calorie e, per questo motivo, sono considerate uno spezza-fame ideale per chi deve perdere qualche chilo: 100 g di alimento, che corrispondono a una carota medio – piccola, apportano, infatti, solo 39 kcal. Contengono, inoltre, 1.1 g di proteine, 7.6 g di carboidrati e 3.1 g di fibra. L’apporto di grassi è praticamente nullo.
Per molto tempo le carote sono state ingiustamente escluse dall’alimentazione delle persone con diabete a causa dei primi studi condotti sull’indice glicemico, che, attribuendo all’ortaggio un valore di 92, di fatto le rilegarono tra quelli a più alto indice glicemico. In realtà, oggi sappiamo che non è così. Le carote rientrano a tutti gli effetti tra gli alimenti a medio-basso indice glicemico. Quindi, da dove nasce l’errore?
L’errore nasce dal fatto che l’indice glicemico, ossia la velocità con cui si assorbono gli zuccheri presenti in un alimento, può essere influenzato da numerosi fattori: il contenuto di grassi e di proteine del pasto, il contenuto in fibre, il processo tecnologico utilizzato per la produzione dell’alimento, il tipo e la durata di cottura. Ad avere un indice glicemico alto, dunque, non sono le carote crude, bensì le carote cotte, dove il processo di cottura, ha “frammentato” le catene polisaccaridiche trasformandole in catene più semplici, quindi più facilmente digeribili, quindi a più alto indice glicemico.
Come abbassare l’indice glicemico delle carote cotte?
Il miglior modo è condirle con grassi di buona qualità (come l’olio evo): una breve cottura aiuterà ad aumentare anche l’assimilabilità del beta carotene, sostanza notoriamente liposolubile.
Dunque, inserite all’interno di un’alimentazione sana, varia ed equilibrata, le carote aiutano a proteggere la salute apportando buone quantità di antiossidanti, vitamine e fibre alimentari. In particolare, aiutano a proteggere pelle, mucose e occhi grazie al contenuto di vitamina A e carotenoidi, a promuovere il buon funzionamento del sistema immunitario grazie alla vitamina C, a garantire un buon metabolismo grazie alle vitamine del gruppo B.
Fra i minerali, il potassio promuove la salute dell’apparato cardiovascolare.
Sgranocchiale per merenda, tra un pasto e l’altro, oppure come antipasto accompagnate da un’emulsione di olio evo, sale, aceto e senape: amerai il pinzimonio in tutte le stagioni. Provale nelle centrifughe, grattugiate crude in una ricca insalata estiva o semplicemente come ingrediente principale nella zuppa di carote. Golosissima anche la torta, che, seppure ricca di fibre, deve essere consumata con moderazione perché ad alto contenuto di zuccheri semplici.


SUGGERIMENTO SMART.
Aggiungere alle carote una componente lipidica (olio extra vergine di oliva o 30 g di frutta a guscio) rappresenta una strategia ottimale per favorire l’assorbimento dei micronutrienti in esse contenute.

PERE

La pera è il falso frutto delle piante del genere Pyrus. Ciò che si mangia, infatti, è il carnoso ricettacolo floreale, mentre il vero frutto è rappresentato dal torsolo, parte “legnosa” non edibile, erede legittimo della fecondazione. La specie più coltivata è la specie Pyrus communis, specie che appartiene alla grande famiglia delle Rosacee, che annovera al suo interno anche mele, ciliegie, pesche, albicocche, susine e mandorle.
Le pere si trovano in commercio da giugno a gennaio, complice il fatto che la loro conservazione avviene per un lungo periodo dopo la raccolta. Kaiser, Abate, Williams…le specie conosciute sono moltissime. Sarà che siamo abituati ad assumere le pere in numerosissimi prodotti trasformati (succhi di frutta, confetture, marmellate), sarà che la dolcezza e granulosità della polpa le rende idonee a torte e crostate, ma le pere sono un frutto poliedrico, apprezzato non solo dagli adulti, ma anche dai bambini.
Come tutta la frutta, contengono prevalentemente zuccheri semplici (8.8 g/100 g), sottoforma di fruttosio, e fibra alimentare (3.8 g/100 g, un terzo di tipo solubile e due terzi di tipo insolubile). Trascurabile è il contenuto di grassi e proteine. L’apporto energetico è pari a 43 kcal ogni 100 g di alimento.

SUGGERIMENTO SMART.
In definitiva, il consiglio è di sciacquare bene la pera sotto l’acqua corrente, asciugarla e gustarla senza rimuovere la buccia per beneficiare del patrimonio di fitocomposti (in particolare composti fenolici) e fibre.

Ringraziamo “Il Pais” e in particolar modo a Alessia, Marta, Simone e Zani Piasenzotto

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